Report Transnazionale

>

Report Transnazionale

Contenuti

Contenuti

Presentazione

Il presente report transnazionale (RT) riporta le principali conclusioni delle attività di ricerca compiute durante le prime fasi del progetto Erasmus+ EcoHeritage. Si tratta di un’analisi collettiva che raccoglie i contributi dei report Nazionali (RN) di Polonia, Italia, Spagna e Portogallo, realizzati dai partner di progetto che hanno somministrato un questionario ad un gruppo di ecomusei del proprio Paese per analizzare i diversi approcci del concetto di ecomuseo e le loro implicazioni. Inoltre, ciascun partner ha realizzato una serie di interviste ad altri attori locali per indagare le diverse prospettive riguardanti la struttura concettuale, nonché i problemi politici, legali, storici e sociali relativi agli ecomusei, il patrimonio culturale e lo sviluppo locale. Questo report transnazionale si pone l’obiettivo di raggiungere le finalità proposte dal progetto EcoHeritage per consolidare i legami fra il contesto teorico di ecomuseo e la prospettiva pratica di un programma di capacity building.

L’approccio metodologico è stato condiviso dai gruppi lavoro dei quattro diversi Paesi, e ognuno è stato responsabile della ricerca nel suo contesto nazionale. In seguito alla prima riunione nella quale sono state discusse le idee generali e le prospettive del progetto, è stato preparato un questionario per analizzare i principali problemi relativi agli ecomusei, identificarne i bisogni formativi, promuovere la rete di ecomusei e in seguito verrà sviluppata un’applicazione informatica per la formazione degli stessi. Il progetto Ecoheritage prevede di sviluppare una serie di materiali ed eventi di capacity building in grado di riunire gli stakeholders e professionisti degli ecomusei.

Questo documento è uno dei risultati del Progetto, e presenta la mappatura e il report diagnostico della situazione degli ecomusei dei quattro Paesi, discutendone differenze e similitudini, e focalizzandosi sui bisogni condivisi per lo sviluppo futuro degli ecomusei.

Riepilogo generale

Obiettivo del progetto

Il Progetto EcoHeritage si pone l’obiettivo di ricercare modelli di gestione di successo negli ecomusei che considerano anche il fattore della sostenibilità delle e attività basate sul coinvolgimento della comunità locale. Ecoheritage ha l’obiettivo di contribuire alla valorizzazione di questi processi, concentrandosi sulla loro rilevanza per le comunità e promuovendo lo sviluppo locale e la coesione sociale. Inoltre, dopo aver identificato i principali bisogni di formazione degli ecomusei, verrà creato uno specifico programma di capacity-building, oltre ad una rete di istituzioni e di altri professionisti.

Metodologia di ricerca

Questo report indaga i diversi modi di intendere il concetto di ecomuseo nei diversi Paesi dei partner di progetto (Italia, Polonia, Portogallo e Spagna). In questo senso, a seguito di riunioni ed interviste con studiosi ed altri stakeholders, è stato distribuito un questionario agli ecomusei nei quattro diversi Stati. I dati raccolti ed analizzati hanno permesso di delineare l’attuale situazione degli ecomusei, nonché l’identificazione dei bisogni di formazione dei professionisti che ci lavorano.

Risultati attesi

Mappatura degli ecomusei
Similitudini e differenze nel concetto di ecomuseo
Bisogni condivisi e possibilità di capacity building

Quadro concettuale di riferimento

Attualmente è indispensabile capire il ruolo sociale degli ecomusei per lo sviluppo integrale a livello locale, regionale, nazionale, Europeo ed internazionale che consideri le prospettive relative alla coesione sociale, alla diversità culturale, all’ambiente ed alla cittadinanza globale. Durante la ricerca, sono stati individuati diversi approcci pratici e concettuali riguardanti gli ecomusei; necessario capire che queste istituzioni ecomuseali fanno parte di un fenomeno in continua evoluzione. Gli ecomusei sono infatti in continuo cambiamento e forse nel tempo continueranno a trasformarsi in qualcosa di diverso, a seconda di ogni contesto storico culturale. Tuttavia, la principale questione che unisce l’originale concetto di ecomuseo con le prospettive contemporanee riguarda la necessità di rispondere ai bisogni della comunità locale. Questo report unisce I differenti punti di vista e cerca di identificare i bisogni di formazione, oltre a valorizzare le iniziative di capacity building e lo sviluppo di una robusta rete di ecomusei.

I principali risultati del questionario

Il report (basato sul questionario, le interviste, le riunioni e la bibliografia) coinvolge 110 istituzioni, ossia: 1 partner del progetto Ecoheritage e 22 ecomusei per la Polonia, 2 partner e 40 ecomusei in Italia, 3 partner e 22 ecomusei in Spagna, e 2 partner e 18 ecomusei in Portogallo.

Figura 1. Geolocalizzazione e mappa indicative dei partner del consorzio progettoe dei 102 ecomusei partecipanti in Polonia, Italia, Spagna e Portogallo (inclusa la terraferma e le isole). Scala 1:500 km. Creata con Google My Maps.

I bisogni di formazione

  • Facilitazione dei processi di co-apprendimento;
  • Considerazione dell’innovazione come una materia trasversale;
  • Miglioramento e monitoraggio dei processi di valutazione;
  • Valorizzazione della gestione basata sulla comunità;
  • Capacity building per migliorare la gestione imprenditoriale;
  • Utilizzo trasversale degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) 2030 delle Nazioni Unite;
  • Supporto all’azione per il clima;
  • Rafforzamento delle reti nazionali, regionali ed internazionali;
  • Implementazione di attività online e offline/ in presenza/ dal vivo;

I moduli suggeriti per gli strumenti di formazione considerano la metodologia orizzontale per l’apprendimento condiviso e il co-apprendimento; essi sono:

Modulo I: presentazione di ogni territorio; Modulo II: presentazione di ogni comunità; Modulo III: modelli di gestione per gli ecomusei; Modulo IV: presentazione del patrimonio culturale identificato; Modulo V: mappatura delle difficoltà, dei problemi e dei bisogni; Modulo VI: mappatura delle soluzioni; Modulo VII: Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, azione per il clima ed interconnessioni tra i problemi globali e quelli territoriali.

Considerazioni finali e prossimi passi

Dopo la fase diagnostica, i prossimi passi del progetto riguarderanno lo sviluppo di un manuale di buone pratiche, una “cassetta per gli attrezzi” per una gestione partecipativa del patrimonio, e un’app di formazione online. Tutte queste fasi faciliteranno il rafforzamento delle reti ecomuseali nel contesto Europeo ed extra-Europeo, potranno anche essere replicati in altri contesti così da avvicinare gli ecomusei di altre regioni e Paesi.

Quadro concettuale ed istituzionalizzazione del processo

La definizione di ecomuseo sembra talvolta chiara per gli studiosi e i professionisti del settore museale, tuttavia, quando si considera la storia di questo concetto e i diversi approcci percepiti in tutto il mondo, si rivela una reale complessità che si allontana dal confortante concetto epistemologico. I quattro Report Nazionali realizzati nell’ambito del Progetto EcoHeritage evidenziano quanto le differenti e recenti concettualizzazioni dei processi ecomuseali si siano incanalate nei contesti storici, sociali e politici. Ogni background ha infatti portato differenti approcci nell’utilizzo del patrimonio culturale, così come diversi riferimenti a specifici quadri concettuali e legali. Da una parte, Spagna e Portogallo convergono sulla questione sociopolitica, sulla stretta connessione con il Movimento Internazionale per la Nuova Museologia (MINOM), nonchè sulla conformazione degli ecomusei e sul loro quadro concettuale contemporaneo. Dall’altra parte, il contesto italiano ha presentato una definizione che si allinea fortemente con il quadro concettuale di paesaggio culturale. Il contesto polacco ha presentato un differente approccio basato sviluppo storico post periodo della Guerra Fredda e la gestione centralizzata del patrimonio culturale del Paese nel XX Secolo; infatti, l’approccio alla Nuova Museologia e alle esperienze relative agli ecomusei si è diffusa in Polonia solo dopo il 2000.

Mentre il concetto di ecomuseo è stato creato in Francia in uno specifico periodo ed in una specifica situazione sociale, culturale ed economica a seguito dei tumulti connessi ai movimenti contro-culturali negli anni Sessanta, i sacrifici per i diritti umani e le risposte istituzionali nella progettazione delle politiche culturali. Il concetto di ecomuseo fu coniato da Hugues de Varine nel 1971, durante la Conferenza Generale dell’ICOM a Parigi e a Grenoble. Questo processo era basato sulle esperienze lanciate anni prima, nella metà degli anni Sessanta, con la creazione dei parchi naturali regionali francesi, quando Georges Rivière e De Varine implementarono alcune esperienze di musei territoriali. Dopo il 1971, l’ecomuseo si è evoluto attraverso processi comunitari promossi con lo sviluppo locale endogeno – convergenti nelle agende UNESCO all’epoca in corso che collegavano la cultura e lo sviluppo. Successivamente, nel 1973, nella città urbana di Creusot-Montceau-Les-Mines, nacque il primo ecomuseo comunitario; a partire dalla metà degli anni Settanta fino ai giorni nostri, un numero crescente di esperienze ecomuseali sono state identificate sia in Francia, sia nel resto del mondo, ognuna delle quali ha prodotto una diversa progettualità in base al contesto locale.

L’idea di ecomuseo è arrivata prima di tutto nei paesi francofoni, tra cui il Canada e si è poi diffusa gradualmente negli altri Paesi interessati alla Nuova Museologia, come il Portogallo, il Brasile, la Norvegia, l’Italia, ecc., fino all’attuale espansione verso altri Paesi (Turchia, Cina, Giappone, Mongolia, Corea, ecc.). Oggi gli ecomusei si uniscono in associazioni e federazioni come la EMI (in Italia), la FEMS (in Francia), la JECOMS (in Giappone), la ABREMC (in Brasile) o la piattaforma mondiale DROPS. Il progetto EcoHeritage ha raccolto le quattro diverse prospettive nazionali cercando una visione generale degli ecomusei pur nelle loro specificità locali.

Il Progetto considera il quadro concettuale e le esperienze identificate nazionalmente, non solo enfatizzando la diversità degli ecomusei nel contesto Europeo, ma anche considerando le sfide storiche comuni riguardanti l’uso sostenibile del patrimonio vivente per lo sviluppo integrale delle comunità locali, e le questioni emergenti circa gli Obiettivi di sviluppo 2030 dell’ONU e la giustizia climatica.

La conoscenza degli ecomusei in Portogallo ha creato un intenso dibattito considerato il contesto dei primi ecomusei portoghesi, lo sviluppo dei concetti nel contesto accademico, e i principali attori impegnati in questi processi. Le definizioni portoghesi si avvicinano molto a quelle degli ecomusei francesi, principalmente per via dei progetti sviluppati da Hugues de Varine in Francia e Portogallo, nonché per l’emergere del MINOM, che ha integrato la prospettiva ibero-americana e francofona alle esperienze presenti nei diversi Paesi.

Questa diversità caratterizza i processi sviluppati dai musei, dalle associazioni, dai collettivi, dalle organizzazioni rurali e periferiche e dalle diverse comunità che hanno raccolto prospettive collegatecon lo sviluppo locale, la promozione dei diritti culturali; in questi processi si osserva frequentemente la triade proposta da Hugues de Varine: dall’approccio tradizionale relativo a edificio/ collezione / pubblico, all’idea di patrimonio / comunità / territorio.

Italia, Polonia, Portogallo e Spagna si caratterizzano per le diverse esperienze e accordi pragmatici sugli ecomusei (si ricordi il Manifesto Strategico degli Ecomusei Italiani), ma le loro idee convergono quando si riferiscono allo sviluppo umano, alla diversità culturale, ai collegamenti territoriali, nonché alle questioni contemporanee legate alla sostenibilità locale e globale.

La storia della democrazia portoghese è strettamente legata alla forte ascesa degli ecomusei nel paese dagli anni ’70 (Primo, 2008). Dal 28 maggio 1926 al 25 aprile 1974, il Portogallo ha attraversato un lungo periodo dittatoriale chiamato Estado Novo, presieduto da António de Oliveira Salazar. Questi quasi 48 anni sono ancora presenti nella memoria sociale della popolazione, e la lotta per la libertà è evidente nella mobilitazione culturale attiva in tutto il paese negli anni successivi. Nel 1975, la Rivoluzione dei Garofani (Revolução dos Cravos) pose fine a questo periodo di repressione, e fu sostituita dal cosiddetto Processo Rivoluzionario in Corso (PREC) che stabilì un regime democratico. Era il momento di ricostruire il Portogallo come nazione e di conservare i diritti fondamentali della popolazione, compreso il diritto alla cultura e alla cittadinanza. In questo periodo, è possibile notare una notevole crescita delle attività delle istituzioni museologiche del paese, come dimostra l’Indagine sui Musei in Portogallo, una ricerca organizzata da IPM – Istituto portoghese dei musei, condotta dall’OAC – Osservatorio delle attività culturali e pubblicata dal Ministero della Cultura portoghese nel 1999. (Inquérito aos museus em Portugal, 2000). In diverse regioni del paese, un gruppo di musei comunitari ha gradualmente preso forma, sforzandosi di avere nuove intese sulle pratiche museologiche (Brito, 1989).

Si evidenziano due esperienze rappresentative di questo movimento di ristrutturazione museologica: Ecomuseu do Seixal (1982) e Museu do Casal de Monte Redondo (1981). Queste esperienze hanno rivelato la necessità di creare musei basati sulla comunità, “il cui obiettivo principale era solo la raccolta, la conservazione e la presentazione” (Moutinho, 1991, p. 79). Lo storico e museologo portoghese António Nabais, responsabile dell’organizzazione e dello sviluppo dell’Ecomuseu do Seixal, ha seguito lo stesso spirito quando ha discusso della sua esperienza, affermando che l’ecomuseo “è un museo in crescita e sviluppo, che segue gli interessi della comunità locale e allo stesso tempo continua a studiare e recuperare il patrimonio culturale comune”. (Nabais, 1989, p. 89). Questi musei sono buoni esempi della linea di pensiero e di pratica che si chiama Nuova Museologia. In contrasto con la museologia normativa e tradizionale, questi nuovi processi hanno sostenuto progetti che utilizzavano i musei come strumenti per sostenere lo sviluppo locale dagli anni ’70.

Nel 1984 il gruppo del Museu do Casal de Monte Redondo ha avuto l’opportunità di partecipare attivamente al seminario internazionale – Ecomusei / Nuova Museologia, che si è svolto in Quebec (GTP – MINOM, 1985, p. 01), in cui è stata adottata la Dichiarazione del Québec da 15 paesi diversi rappresentati dai loro museologi. Questo documento è ancora oggi riconosciuto come un riferimento che contiene alcuni principi di base di una nuova museologia. Dopo questo evento, il II seminario internazionale – Ecomusei / Nuova Museologia si è svolto a Lisbona, in Portogallo, nel 1985, e ha dato origine alla creazione di MINOM – Movimento Internazionale per una Nuova Museologia. MINOM è un’organizzazione internazionale affiliata all’ICOM – International Council of Museums, attenta ai cambiamenti sociali e culturali, con l’obiettivo di promuovere il dialogo interculturale tra professionisti, collettività e relazioni cooperative (Textos de Museologia. Minom, 1991). Al giorno d’oggi, il Portogallo ha più di 40 ecomusei identificati e il Dipartimento di Museologia dell’Università di Lusófona riunisce esperienze teoriche e pratiche, approfondendo le discussioni sul ruolo sociale dei musei.

Il caso spagnolo presenta alcune analogie per quanto riguarda gli sviluppi sociopolitici e storici degli anni Settanta. Ponendo fine alla dittatura di Francisco Franco, lo Stato delle Autonomie con gli organi di governo regionali (las comunidades autónomas) ha facilitato l’emergere di attori politici regionali. A seguito della promozione di queste politiche regionali, le prime esperienze eco-museologiche sono arrivate nei primi anni Ottanta, in particolare in quattro luoghi: Allariz (Galizia), Esterri d’Àneu (Catalogna), Molinos (Aragona), Tiriez (Castiglia-La Mancia). I primi tre sono diventati esempi di progetti eco-museologici basati sulla comunità, sia nella letteratura specializzata nazionale, sia in quella internazionale, oltre ad essere promossi da persone coinvolte nella creazione di MINOM. Il quarto ha avuto una visibilità più limitata, principalmente a causa della disconnessione con le reti internazionali. Attualmente, solo due delle istituzioni di cui sopra proseguono con il progetto iniziale: il Parque Cultural del Maestrazgo (Aragona) ed Ecomuseú de les Valls d’Àneu (Catalogna).

Il decentramento amministrativo della Spagna ha permesso a ciascuna regione di legiferare in funzione della sua diversità culturale e naturale. Lo sviluppo di ecomusei in Catalogna, Andalusia e Paesi Baschi, per citarne alcuni, sono alcuni esempi. Dopo essere stata integrata nell’Unione europea, la Spagna ha beneficiato di alcuni fondi per lo sviluppo rurale che hanno facilitato la creazione di ecomusei. I fondi FEDER e LEADER avevano tra i loro pilastri: il recupero culturale e del patrimonio, la partecipazione delle comunità e lo sviluppo di attività economiche come il turismo, questioni comuni per la comprensione degli ecomusei. Anche l’area professionale e accademica ha subito un’evoluzione fin dagli anni Ottanta, principalmente legata a settori come lo sviluppo locale e comunitario, la gestione culturale e il turismo. Un riferimento specifico che ha portato un approfondimento nel campo della museologia sociale e comunitaria è il libro di Aurora León El Museo: teoría, praxis y utopía (Il museo: teoria, prassi e utopia), pubblicato per la prima volta nel 1978. Questo boom della ricerca e della formazione specializzata ha portato all’emergere di ecomusei, che hanno unito le conoscenze accademiche alle esperienze pratiche. Come rilevato nel Rapporto Nazionale del Paese attualmente ci sono quasi 100 ecomusei attivi in Spagna. Le specificità identificate nel Paese mostrano quanto siano diverse le esperienze spagnole dalle pratiche originali francesi degli anni Settanta che evidenziano i chiari obiettivi degli ecomusei quali esperienze adattate alle necessità locali espresse dalle comunità e dalle persone nei loro territori.

L’ecomuseologia arrivò in Italia nel 1990, quando fu creato l’Ecomuseo della Montagna Pistoiese.  Da allora, una serie di progetti ha cercato di preservare e prendersi cura dei paesaggi del Paese. All’inizio del nuovo millennio, il numero di ecomusei è aumentato notevolmente: il primo tentativo di rilevamento degli Ecomusei nel Paese ha avuto luogo nel 2002, quando Maurizio Maggi e il suo team hanno identificato più di 57 ecomusei; nel 2008, un secondo tentativo è stato coordinato da Raffaella Riva, che ne ha identificati 193 (Riva, 2008); oggi l’Italia è dotata di circa 240 ecomusei. L’identificazione degli ecomusei in Italia ha rappresentato una questione centrale per molti anni, poiché alcuni di essi si sono auto-identificati come ecomusei, anche se non sostengono alcun principio generale di ecomuseologia. È importante notare come le istituzioni abbiano acquisito strumenti e metodologie comuni da applicare a livello locale, come l’inventario partecipativo del patrimonio culturale e del paesaggio (Maggi, 2002). Inoltre, i quadri giuridici relativi al riconoscimento istituzionale degli ecomusei garantiscono fondi e visibilità per le istituzioni.

Alcuni degli aspetti chiave individuati nel contesto italiano sono legati alla vicinanza degli ecomusei ai paesaggi culturali, nonché alle legislazioni stabilite a livello regionale, peculiarità evidenziate da Huges de Varine: “l’Italia è l’unico Paese al mondo in cui ci sono leggi speciali per gli ecomusei” (Varine, 2021). Gli ecomusei italiani hanno avuto un periodo proficuo dal 1998 al 2007, con la discussione e lo sviluppo delle leggi regionali e le interazioni tra università e istituzioni locali organizzate a livello nazionale ed europeo. Gli ecomusei sono ora riconosciuti per legge in quindici delle ventuno Regioni o Province autonome d’Italia, e si è creata una rete nazionale per facilitare la cooperazione tra istituzioni, studiosi e comunità, e la definizione di una proposta di legge nazionale. Nel 2016, l’esperienza maturata all’interno di questa rete è stata raccolta in un testo comune, chiamato Manifesto, che riassume le discussioni sviluppate negli ultimi anni, in un approccio profondo tra i rapporti tra ecomusei e paesaggi culturali. Inoltre, il ruolo dei musei legati all’azione per il clima è stato discusso negli ultimi anni e dal 2019 gli ecomusei italiani si sono uniti a progetti di sensibilizzazione per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite 2030 (OSS). Tutti questi processi potrebbero essere riassunti nella celebrazione di 50 anni di ecomuseologia nel 2021: il programma chiamato: “gli ecomusei sono paesaggio”, riunisce discussioni su argomenti come il benessere, la resilienza, la partecipazione, la diversità, la filiera produttiva corta, l’economia circolare e la trasmissione. Dopo aver esaminato queste specificità, il Rapporto Nazionale Italiano ha sottolineato l’importanza di riconoscere gli ecomusei come “istituzioni medianti” all’interno degli Osservatori Paesaggistici Regionali, come previsto dal ‘Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio’, e anche nel rispetto della recente ratifica della ‘Convenzione di Faro’.

In Polonia gli ecomusei sono emersi solo negli ultimi due decenni, poiché nel XX secolo la situazione politica guidata dalle autorità totalitarie non ha consentito un approccio democratico alla gestione del patrimonio culturale. Le comunità locali erano percepite solo come destinatari del patrimonio, in una gestione centralizzata che si rivolgeva all’interpretazione del patrimonio basata su opinioni obbligatoriamente in linea con l’ideologia ufficiale. Teoricamente, il patrimonio culturale apparteneva al popolo e alla sua nazione, ma praticamente non c’era senso di comproprietà del patrimonio. Il concetto di ecomuseo non si diffuse, e i museologi furono poco istruiti con i principi di Nuova Museologia. I primi progetti volti a diffondere il concetto di ecomuseo sono stati attuati nell’ultimo decennio, a seguito di accordi di cooperazione con fondazioni della Repubblica Ceca, dell’Ungheria e della Slovacchia. Questi progetti hanno permesso di riconoscere l’interesse comune nei quattro Paesi e di diffondere reti riguardanti metodologie ecomuseali con ecomusei svedesi (Bergslagen Ekomuseum, Ekomuseum Nodre Atradalen, Ekomuseum Falbygden-Ätradalen, Gransland Ekomuseum ed Emans Ekomuseum). Il concetto di ecomuseo è stato promosso in Polonia grazie a due ONG: la Polish Environmental Partnership Foundation (fino al 2010) e la Foundation of Active People and Places (dal 2010). Questi sforzi hanno portato al lancio delle prime iniziative di ecomuseo appoggiate da ONG locali, istituzioni locali e organizzazioni private.

Gli ecomusei polacchi come rete di siti. La diffusione del patrimonio culturale nelle aree degli ecomusei sottolinea la collezione “vivente” come illustrazioni agli abitanti locali dei valori naturali e culturali della regione e della loro eredità. In questo senso, si avvicina all’approccio di paesaggio culturale, aggiungendo la rete di centri di interpretazione al suo nucleo. Ogni centro funge cellula ecomuseale gestita da un gruppo di persone responsabili del coordinamento, della promozione e dell’attuazione dei progetti, principalmente relativi alle attività di ricerca, editoria, informazione e marketing. Altre attività principali includono workshop con produttori locali, artigiani e artisti in eventi di scambio con a tema il loro processo di creazione (ad esempio, vasaio al tornio del vasaio, fabbro nella fucina o vimini, pittore su vetro nell’atelier, produttore di formaggio di pecora nella capanna del pastore). Vengono inoltre sottolineati i rapporti stabiliti tra i musei e i loro paesaggi, attraverso sentieri che facilitano il viaggio e gli itinerari tra i vari siti degli ecomusei. Gli ecomusei polacchi spesso fanno anche un calendario di eventi, in modo che i visitatori possano pianificare in anticipo la loro partecipazione agli eventi.

La mappa degli ecomusei in Polonia è cambiata in modo significativo negli ultimi anni. Dal 2000 al 2006, sono nati quindici ecomusei nel Paese. I fondi regionali europei, come il programma LEADER, hanno anche permesso il finanziamento degli ecomusei, in quanto questi istituti sono diventati partner adatti a progetti di cooperazione, principalmente legati al turismo e all’istruzione basata sulla comunità – in termini generali, una condizione condivisa con gli altri tre Paesi del Progetto EcoHeritage. Nel 2012 è stata condotta un’indagine sugli ecomusei, identificando 56 ecomusei, tuttavia, oggi è molto difficile definire il numero esatto di istituzioni operative in quanto si tratta di iniziative di base, solitamente avviate e gestite da ONG locali. Il Rapporto Nazionale polacco ha identificato e cercato di raggiungere 44 istituzioni sulla base di un sondaggio su Internet, seguito da una verifica telefonica. Dopo la ricerca, 22 ecomusei sono stati presi in considerazione in questa analisi nazionale.

Le indagini e le interviste sviluppate dal progetto EcoHeritage hanno evidenziato connessioni tra i processi politici, i paesaggi culturali, le articolazioni sviluppate dai movimenti sociali, l’impegno per lo sviluppo locale, l’istituzionalizzazione e le prospettive esplorate dagli ecomusei riguardanti il passato, il presente e il futuro. In linea teorica ci si aspetta che gli ecomusei siano intesi come una risorsa a sostegno delle esigenze della comunità, così come dello sviluppo integrale e sociale. Tuttavia, come verrà presentato in questo Rapporto Transnazionale, anche se gli ecomusei adottano prospettive creative nello sviluppo delle proprie attività, la cultura dell’innovazione e il monitoraggio degli impatti all’interno degli stessi possono essere migliorati.

  In questo senso, è anche necessario promuovere i bisogni delle nuove generazioni, attraverso l’attivazione della memoria che è custodita “per renderla energeticamente dinamica e immaginarla nel futuro per i giovani” (Luís Mota Figueira, Museu Agrícola de Riachos), per “consentire alle comunità di essere attori del loro sviluppo sostenibile” (Hugues De Varine). Vi è inoltre l’urgente necessità di una profonda comprensione di questi processi nei contesti specifici di ciascun ecomuseo, cercando di individuare i loro problemi e limiti, e immaginando le esigenze specifiche in termini di aspetti istituzionali, necessità di formazione, problemi delle comunità, ecc. Oggi, per gli ecomusei è indispensabile comprendere le relazioni sociali a livello locale, regionale, nazionale, europeo e internazionale, riunendo prospettive legate alla coesione sociale, alla diversità culturale e alla cittadinanza globale. Infine, è necessario comprendere la dinamicità che caratterizza gli ecomusei, considerando il loro continuo cambiamento, in funzione di eventuali modifiche del contesto. Infatti, la questione principale per mantenere i legami tra gli aspetti originari degli ecomusei e le loro prospettive contemporanee riguarda la necessità di rispondere alle esigenze di cambiamento e sviluppo delle popolazioni locali attraverso l’uso sostenibile del loro patrimonio vivente.

Questo rapporto evidenzia le diverse prospettive nazionali e cerca di affrontare le esigenze e gli obiettivi comuni relativi all’identificazione dei bisogni di formazione e alla promozione di iniziative per sviluppare capacità e rafforzare le reti.

Risultati dell'indagine / Processo di raccolta e interpretazione dei dati

Le prime fasi del Progetto EcoHeritage si sono svolte dopo una serie di incontri tra i partners per la sensibilizzazione sugli approcci degli ecomusei, presentare una bozza del Progetto e concertare i contenuti delle interviste semi-strutturate. Le interviste sono state molto importanti per avere un’ampia visuale delle specificità di ciascun Paese e per progettare le principali questioni da affrontare con il questionario da sottoporre agli ecomusei. I questionari sono stati tradotti nelle quattro lingue ufficiali dei Paesi partecipanti e sono state condotte tra gennaio e aprile 2021. Successivamente, è stato possibile identificare e ricercare i 104 ecomusei a cui sottoporre il questionario: 22 in Polonia, 42 in Italia, 22 in Spagna e 18 in Portogallo (elenchi disponibili negli allegati I e II). L’indagine è stata concepita in cinque sezioni riguardanti: l’identificazione delle istituzioni, la loro struttura e gestione, le relazioni umane e le partnership, l’approccio museale all’innovazione e, infine, la performance dei musei.

Il campione è stato piuttosto vario ed è stato possibile capire la rappresentatività delle diverse regioni nei quattro Paesi oggetto della ricerca, non tanto dal punto di vista statistico, ma per gli aspetti qualitativi. In Polonia, ad esempio, erano rappresentate 9 regioni su 16 (chiamate voivodships). I partner spagnoli hanno preso contatto con i 119 ecomusei registrati in tutto il paese, concludendo che 92 di essi sono attivi, 6 sono inattivi e 21 sono ancora in fase di pianificazione. I ricercatori italiani hanno coinvolto la rete di ecomusei del Paese in diversi incontri e hanno raccolto un numero elevato di questionari: 42 istituzioni, corrispondenti a oltre il 17% degli ecomusei italiani (244). Il gruppo portoghese era in contatto con 72 istituzioni, tra cui ecomusei, musei comunitari e associazioni del patrimonio, e sono stati intervistati i rappresentanti di tutte le regioni del Paese, comprese le isole.

Dopo l’analisi dei dati della prima sezione, è stato possibile osservare come l’uso del termine ecomuseo abbia approcci differenti in ciascuno dei paesi studiati: in Polonia la maggior parte di essi usa la parola “ecomuseo” per distinguerne le caratteristiche, mentre in Portogallo si nota facilmente che solo 6 di loro usano la terminologia “ecomuseo” nei loro nomi. Si evidenziano anche alcuni musei etnografici, poiché alcune di queste istituzioni conservano questa classificazione, nonostante abbiano adottato un sostanziale cambiamento nei loro approcci: dalle iniziali metodologie di classificazione dei gruppi locali al loro impegno nei processi partecipativi e nello sviluppo locale. In generale, le istituzioni intervistate sono caratterizzate da un approccio ecomuseale con l’ambiente rurale, le esperienze basate sulla comunità, il processo sociopolitico e il territorio locale.

La struttura organizzativa degli ecomusei, questione affrontata nella seconda sezione dell’indagine, è molto diversa da quella dei musei tradizionali. La loro concezione, struttura e organizzazione (spaziale e amministrativa) ha particolarità legate alle relazioni professionali che si instaurano nelle singole esperienze di coinvolgimento della comunità locale, e l’intento di trovare una stretta definizione potrebbe portare a malintesi legati alle specificità di ciascun territorio. Gli ecomusei sono spazi sociali e culturali che differiscono dalle organizzazioni culturali tradizionali per il loro impegno nella conoscenza dell’ambiente naturale e del paesaggio culturale in cui si trovano, aiutando i cittadini a scoprire la storia, lo sviluppo e le dinamiche di un territorio unico e della comunità che vi abita. In questo senso, cercano di promuovere il coinvolgimento e la consapevolezza del loro pubblico, delle istituzioni e della società che circondano l’istituzione, collegando i professionisti locali alla vita quotidiana del territorio.

La maggior parte delle istituzioni intervistate dispone di risorse umane estremamente limitate: ad esempio alcune di esse includono solo da uno a tre professionisti coinvolti nelle attività degli ecomusei. Partendo dall’identificazione del personale degli ecomusei intervistati, il progetto EcoHeritage potrebbe proporre capacity building basati sui bisogni formativi individuati, focalizzandosi su profili e target di pubblico e cercando anche di individuare e colmare i gap che potrebbero attrarre le persone del territorio verso le attività svolte dal museo. In questo senso, è possibile concludere che la maggior parte dei professionisti degli ecomusei hanno una formazione professionale in: storia, archeologia, turismo, patrimonio, architettura, scienze e amministrazione, con una media di 40-70 anni. In termini di genere, il campione ha presentato diversi aspetti, come un’equa distribuzione in Spagna (45,5% uomini – 54,4% donne) e Polonia (40,1% uomini – 59,1% donne), e una distribuzione squilibrata in Portogallo e in Italia, dove la maggior parte dei direttori sono uomini. È stato anche possibile notare che in tutti i Paesi presi in esame le attività di volontariato sono una componente fondamentale degli ecomusei; si evidenzia che circa il 20-25% degli intervistati agisce come volontario al museo e che le istituzioni intervistate sviluppano azioni grazie ai volontari.

L’indagine ha sollevato una discussione anche sulla struttura di gestione degli ecomusei. Si è concentrata sulla natura e le finalità delle istituzioni considerando il rapporto instaurato con il patrimonio culturale degli spazi all’interno delle istituzioni. É stato interessante capire i processi di gestione, l’attività decisionale e il finanziamento degli ecomusei intervistati, analizzando i modelli di governance adottati da ciascuna istituzione. In questo senso, è stato possibile identificare la professionalità delle risorse umane e le loro principali esigenze in termini di qualificazione e sviluppo delle capacità – che sarà un punto guida per uno dei prossimi prodotti del progetto EcoHeritage, ovvero una piattaforma di formazione. Il processo di istituzionalizzazione degli ecomusei e l’importanza del loro ruolo nelle nostre società è evidenziato dalla corrispondente percentuale di istituzioni pubbliche (circa il 40-45% in Portogallo, Spagna e Italia). Alcuni di questi ecomusei, principalmente in Portogallo e Spagna, sono gestiti dalle istituzioni statali, mentre altri gruppi sono amministrati da associazioni (il 30% degli ecomusei in Spagna, Italia e Portogallo). D’altro canto, in Polonia il 54,5% degli istituti intervistati è gestito da collettivi informali di vari enti (ONG, imprenditori, istituzioni pubbliche e individui), un fattore chiave legato al processo di decentramento della gestione del patrimonio culturale dopo gli anni 2000. Infine, gli intervistati hanno chiarito lo scopo delle loro istituzioni: esse rispondono alle esigenze locali come la cura del patrimonio locale, la salvaguardia e l’interpretazione del patrimonio culturale, sostengono le attività economiche locali, per valorizzare l’identità locale e altre diverse questioni legate allo sviluppo locale.

La terza sezione dell’indagine ha affrontato il rapporto tra gli ecomusei, i loro professionisti e le loro comunità, concentrandosi anche sulle partnership sviluppate legate agli ecomusei. È stato possibile constatare che gli ecomusei mantengono nei loro territori una rete di partnership spesso basate sull’informalità, come mostrano i risultati riportati nella domanda 15: nei quattro paesi quasi tutti gli ecomusei partecipanti hanno rapporti con una rete di istituzioni/associazioni locali e di ecomusei a livello regionale. Altri casi specifici hanno anche messo in luce come alcuni ecomusei siano stati istituzionalizzati in strutture locali, come i comuni, caso condiviso in particolare nei contesti italiano e portoghese. Inoltre, alcuni modelli di gestione – come quelli rilevati in Polonia – mostrano anche una diversa comprensione di come gli ecomusei tendano a funzionare in rete, stabilite come iniziative di base con diversi tipi di associazioni e istituzioni locali legate al turismo, all’istruzione e allo sviluppo locale, coinvolgendo anche persone diverse (ad esempio, artisti, artigiani e produttori). Infine, è importante notare come i Fondi europei per lo Sviluppo regionale abbiano facilitato lo sviluppo degli ecomusei; ciò sottolinea l’esigenza di formazione riguardante la redazione di progetti caratterizzati delle interconnessioni locali, regionali e globali e basati sul coinvolgimento della comunità che possono essere finanziati.

Nella quarta sezione sono stati esaminati i processi di innovazione sviluppati dagli ecomusei. A prima vista, c’è una percentuale rappresentativa di risposte positive relative all’uso dell’innovazione da parte degli ecomusei – considerando sia le nuove attività, sia il miglioramento delle attività in essere, oltre il 50% degli ecomusei portoghesi e oltre l’80% delle istituzioni italiane hanno risposto positivamente e nel caso polacco, il 55% degli intervistati utilizza l’innovazione per nuove attività e il 71% per il miglioramento delle stesse. D’altra parte, solo il 45% dei musei spagnoli ha sviluppato nuovi processi di innovazione e il 36% ha innovato migliorando le attività esistenti. Per interpretare i dati di questa sezione è necessaria la comprensione di cosa si intende per innovazione, poiché ad esempio alcune istituzioni hanno incluso l’uso diretto delle tecnologie come innovazione. La cultura dell’innovazione deve essere affrontata in modo trasversale negli ecomusei, utilizzando lo sviluppo delle capacità e gli strumenti contemporanei per sviluppare processi di innovazione specifici relativi a diverse attività degli ecomusei – comunicazione, ricerca, uso delle tecnologie locali, sostenibilità per processi basati sulla comunità, nuove idee per lo sviluppo locale, l’azione per il clima, il coinvolgimento  della comunità, le alternative allo sviluppo sociale territoriale, ecc. Tutti questi processi potrebbero essere affrontati utilizzando i benefici delle reti di ecomusei a livello locale, regionale e internazionale. Gli ecomusei mantengono forti legami con altre istituzioni, tendenza rivelata, ad esempio, dalla percentuale di partenariati sviluppati dalle istituzioni coinvolte nell’attività di ricerca: 87% degli ecomusei portoghesi, 76% in Italia, 74% in Spagna e 10% nel caso della Polonia – ricordando che nel caso della Polonia, la natura del 54,5% degli ecomusei è già frutto di collettivi informali di vari enti (ONG, imprenditori istituzioni pubbliche e soggetti individuali) 

L’interpretazione dei dati raccolti ha portato a comprendere che i temi dell’innovazione sono riconosciuti come rilevanti, tuttavia, sembra che gli ecomusei non prevedano attività di sensibilizzazione o formazione nel campo dell’innovazione. Non è ancora chiaro se ciò sia dovuto alla mancanza di informazione sul vasto campo della formazione per l’innovazione, o sia dovuto alla carenza di conoscenza dei contenuti dell’argomento da affrontare. È anche importante sottolineare che questa mancanza di formazione per il personale di ogni museo (tecnici, coordinatori, volontari) può estendersi anche ai membri della comunità coinvolti in questo tipo di istituzioni, poiché i paradigmi degli ecomusei sono basati sulla partecipazione e l’impegno della comunità. Infine, non sono emersi dati che suggeriscano la preoccupazione di coinvolgere un pubblico diverso (occasionale e permanente) nei processi del pensare e agire come strumenti di innovazione nella vita degli ecomusei. Questo studio ha rivelato che gli ecomusei hanno acquisito tecnologie esistenti sul mercato, ma non sono in grado di identificare strumenti tecnologici specifici per sviluppare i propri contesti e per risolvere i propri specifici problemi. L’idea di innovazione è ben accolta e trova un suo spazio nello sviluppo dei servizi forniti in ogni museo. Tuttavia, allo stesso tempo, questa stessa idea non si articola con il miglioramento dei processi o con la necessità di promuovere negli ecomusei la formazione all’innovazione per le persone e le comunità coinvolte, con l’obiettivo di aggiungere valore ai servizi che ogni ecomuseo può o intende offrire, nonché al miglioramento dei processi che possono portare a servizi nuovi o migliori. C’è bisogno di valorizzare una cultura dell’innovazione nelle istituzioni culturali e negli ecomusei; va però evitata la prospettiva di intendere l’innovazione solo come creatività degli individui, e va favorito lo sviluppo di politiche di formazione, capacità di crescita e organizzazione sostenibile in questo campo della conoscenza.

La sezione 5 ha affrontato questioni relative alle prestazioni degli ecomusei, come il loro ruolo nei loro territori, i processi educativi sviluppati a livello locale, la funzione strategica degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile e l’identificazione di come la Pandemia da Covid-19 abbia influito sulle attività degli ecomusei. Gli ecomusei esaminati sviluppano diverse iniziative, compresi progetti dedicati al miglioramento dell’identità locale, alla promozione della coesione della comunità, al rafforzamento dell’equità di genere, alla protezione dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo economico. Tutte le azioni citate dimostrano un’influenza nel promuovere la coesione sociale e lo sviluppo sostenibile. È significativo che il 20% abbia una visione integrale del patrimonio, considerando termini come paesaggio culturale e la cura del bene comune, il rapporto dell’umanità con l’agricoltura, il paesaggio naturale, ecc. Il loro approccio presenta convergenze con l’idea di paesaggio culturale, in linea con la Tavola Rotonda di Santiago del Cile del 1972 e con la Convenzione sul Paesaggio del Consiglio d’Europa (2000). Gli ecomusei intervistati considerano i paesaggi naturali e culturali in termini diversi: in Polonia, il patrimonio naturale è legato a termini come ambiente (45,45%), biodiversità (31,81%) ed ecosistemi (18,18%); il paesaggio culturale è considerato soprattutto in Italia (82,1%) e Portogallo (66,7 %). C’è un’ampia gamma di attività sviluppate dalle istituzioni legate ai paesaggi naturali e culturali e comprende visite guidate, laboratori tematici ed eventi coordinati con scuole e altre istituzioni che coinvolgono tutte le fasce di età, dai bambini agli anziani.

Esigenze di formazione

L’indagine ha mostrato la diversità di esperienze e approcci in ciascuno dei quattro paesi analizzati. Da ciò è stato comunque possibile individuare alcuni aspetti convergenti riguardanti i bisogni formativi alle risorse umane degli ecomusei. Un’alta percentuale di dirigenti e lavoratori non ha una formazione specifica in museologia: Spagna – 71,4% per dirigenti, 85% per altro personale; Polonia – 88%/90%; Italia – 79%/74%; Portogallo – 40%/80%. Tuttavia, le risorse umane hanno altri tipi di formazione in altri settori della conoscenza e in altre discipline, come la storia, l’archeologia, la biologia, le scienze ambientali, le scienze sociali, il turismo, ecc. La maggior parte delle istituzioni intervistate è disponibile a sviluppare e ricevere formazione per lo sviluppo delle proprie capacità, considerando la loro articolazione territoriale e gli aspetti generali di gestione degli ecomusei. Pertanto, è necessario trovare una sintesi delle principali questioni emerse per l’organizzazione delle prossime fasi del Progetto EcoHeritage. L’importanza di specifici strumenti di formazione, approcci e metodologie per gli ecomusei è stata sottolineata dalle istituzioni esaminate nei quattro Paesi e questo rapporto assicurerà la corretta organizzazione degli strumenti di formazione e lo sviluppo e rafforzamento di reti ecomuseali, facendo attenzione a raggiungere ecomusei attivi, istituzioni dormienti ed ecomusei in progetto.

I principali fabbisogni individuati dall’indagine consentono di elencare alcune linee guida ai temi centrali dello sviluppo delle capacità, che potrebbero essere così riassunti: lo sviluppo delle competenze per la gestione dei progetti per articolare i bisogni locali con le capacità progettuali; lo sviluppo delle competenze per la creazione di progetti legati al patrimonio culturale locale; lo sviluppo delle competenze per l’implementazione, la gestione, il monitoraggio e la valutazione dei progetti. A tal fine, si possono considerare tre approcci: la formazione tecnica in museologia, così come la pianificazione museale, i processi di conservazione e documentazione che potrebbero essere connessi all’ecomuseologia, gli inventari partecipativi dei beni culturali, la gestione, la progettazione e lo scambio di conoscenze; le competenze manageriali necessarie per sviluppare progetti olistici considerando il loro impatto economico, sociale, ambientale localizzato e globale, nonché le possibilità di finanziamento per la loro sostenibilità. In questo senso, l’innovazione è stata considerata un tema trasversale rivolto a tutti i processi di sviluppo delle capacità, in quanto indispensabile per favorire le iniziative degli ecomusei, evidenziandone il ruolo sociale in tutte le società e la loro importanza per lo sviluppo locale e integrale. Gli ecomusei sono abituati ad essere strettamente collegati ai loro territori e la sfida di trovare problemi e soluzioni simili dopo aver potenziato il processo di interscambio – online o di persona – potrebbe rafforzare il loro ruolo di istituzioni culturali e sociali.

La condivisione delle conoscenze tra gli ecomusei potrebbe favorire una sintesi tra le diverse esperienze migliorando le procedure dal basso verso l’alto con discussioni orizzontali; tramite un processo di co-apprendimento le istituzioni e i professionisti potrebbero condividere problemi, esigenze e obiettivi comuni. L’università, in questo senso, potrebbe essere uno spazio per la condivisione di conoscenze accademiche e tradizionali, collegando questa diversità di background e considerando le prospettive locali valide tanto quanto le conoscenze degli studiosi. La sfida principale è trovare le modalità migliori per sviluppare il programma di formazione, con un approccio attraente per professionisti, pubblico e partner degli ecomusei. I moduli formativi dovrebbero servire a migliorare i servizi degli ecomusei e i loro rapporti con le comunità e, in termini di efficacia e applicabilità, alcuni temi specifici dovrebbero essere affrontati in un chiaro collegamento tra agende locali e globali: gli usi strategici degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030 (OSS) tra cui l’azione per il clima; l’innovazione; monitoraggio e valutazione; ecc. Tutti questi temi sono interconnessi ed è necessario fornire strumenti per lo sviluppo di progetti e ricerche. In definitiva, pur considerando essenziale l’utilizzo di strumenti online, soprattutto a causa del contesto pandemico, è indispensabile considerare l’importanza degli eventi in presenza, poiché il museo come spazio di incontro è una delle caratteristiche principali degli ecomusei. Nei prossimi mesi sarà possibile trovare il modo di bilanciare gli strumenti online con gli eventi in presenza, sempre considerando l’importanza della gestione delle normative sanitarie.

Una delle possibilità suggerite durante le interviste consiste in eventi di interscambio tra ecomusei è questa: “realizzare uno stage per un gruppo di 10/15 persone che vivranno per una settimana la realtà del museo: viverlo, dormirci, provare l’emozione del museo con i suoi gruppi.” (Emanuel Sancho, Museu do Traje de São Brás do Alportel). In questo senso, si potrebbe preparare una bozza strutturando moduli per ciascuna sezione, considerando un’atmosfera di co-learning in cui ciascuno degli ecomusei e dei professionisti parteciperebbe in un’uguale dinamica, mediando le presentazioni e cercando sempre di utilizzare la prospettiva tridimensionale degli ecomusei: il territorio /patrimonio/comunità. L’approccio principale si basa sull’esperienza di condivisione, ad esempio, organizzata secondo questo modello in 8 moduli: Modulo I: presentazione di ciascun territorio; Modulo II: presentazione di ogni comunità; Modulo III: modelli di gestione degli ecomusei e tecniche e metodologie per la partecipazione della comunità; Modulo IV: presentazione del patrimonio culturale identificato; Modulo V: mappatura di difficoltà, problemi e bisogni; Modulo VI: mappatura di soluzioni; Modulo VII: OSS, azione per il clima e le interconnessioni tra questioni globali e territori locali; Modulo VIII: strumenti per il monitoraggio e la valutazione dei risultati e degli impatti degli ecomusei nei loro territori.

Considerazioni finali e passaggi successivi

Questo rapporto ha evidenziato le sfide relative agli ecomusei indagati in Italia, Polonia, Portogallo e Spagna. È possibile raggiungere un’intesa comune sugli ecomusei in quattro Paesi con così tante differenze? Come scoprire e concentrarsi sulla creazione di un terreno comune per lo sviluppo delle capacità e per il rafforzamento delle reti, considerando l’evidenza di queste differenze e distanze? Queste domande, così come molte altre questioni, sono seguite alla raccolta di informazioni per l’elaborazione di questo rapporto. Il documento è stato poi sviluppato con un compito: trovare convergenze per indirizzare i bisogni formativi degli ecomusei e delle loro comunità. Inoltre, l’approccio metodologico ha combinato dati qualitativi e quantitativi per un’ampia comprensione dei contesti studiati; discussioni di gruppo, interviste con studiosi, incontri e un sondaggio sono stati molto utili per arricchire l’interpretazione dei contesti e per impostare una linea guida realistica per i passaggi successivi del progetto EcoHeritage.

Un evento particolarmente importante per l’interpretazione dell’ecomuseologia contemporanea è stato: “Babel Tower – Museum people in dialogue”, che è stato organizzato come una serie di webinar dall’Università di Liegi UR Interfacoltà AAP (Arte, Archeologia e Patrimonio) da febbraio ad aprile 2021. Il gruppo di EcoHeritage è stato rappresentato all’evento dai seminari specifici condotti da Judite Primo, Mario Moutinho, Oscar Navajas Corral e Raul Dal Santo. Ha partecipato anche Hugues de Varine, portando una prospettiva aggiornata sugli ecomusei e sui principali elementi relativi alla comprensione del loro ruolo nelle società, così come le loro sfide e necessità. Eccone un elenco: l’ampio coinvolgimento delle comunità per le quali e con le quali gli ecomusei progettano e realizzano azioni per l’uso sostenibile del patrimonio vivente finalizzate allo sviluppo locale integrale; la  comunicazione efficace anche in chiave interpretativa; la formazione del personale, in particolare dei volontari e della comunità locale anche per lo sviluppo di servizi innovativi; il monitoraggio partecipativo anche attraverso strumenti di autovalutazione; la misurazione dell’impatto delle attività, spesso fluttuanti a causa dei problemi finanziari e della Pandemia; la vocazione educativa riferita alle diverse fasce di età, in modo cooperativo e concernente il patrimonio in situ, in particolare del paesaggio culturale; l’interesse ad adottare ulteriormente gli OSS 2030 come obiettivi trasversali della propria attività.

La fase diagnostica ha reso possibile la comprensione dei contesti rilevanti nei quattro Paesi. I quadri concettuali, istituzionali, legali e pratici sono diversi, ma convergono verso il concetto originario di ecomuseo definito da: patrimonio/comunità/territorio. Inoltre, gli ecomusei sono strettamente collegati al loro tempo, aggiornati con questioni contemporanee legate, ad esempio, alla giustizia cognitiva, allo sviluppo sociale, alle questioni di genere, agli OSS e all’azione per il clima. Le fasi successive del progetto prevedono lo sviluppo di un manuale di buone pratiche, un kit di strumenti di partecipazione per la gestione del patrimonio e le Risorse Didattiche Aperte e un’app di formazione basata sul Web. Queste fasi faciliteranno il rafforzamento delle reti degli ecomusei nel contesto europeo ed extraeuropeo, poiché EcoHeritage potrebbe essere replicato in altri contesti e anche proposto a ecomusei di altre regioni e Paesi.

Coordinatori Scientifici

Nunzia Borrelli, Silvia Dossena, Barbara Kazior, Mario Moutinho, Marcelo Murta, Óscar Navajas, Manuel Parodi-Álvarez, Lisa Pigozzi, Raul dal Santo, Julio Seoane, Maristela Simão, Lucia Vignati